LA MORTE IN-PROBABILE
delle volte si ha bisogno di motivi di consolazione, non tanto per addolcire la “violenza” del proprio dolore, quanto per avere una scusa di sentirsi così facilmente consolati” diceva Nietzche. Ma veniamo a un’altra domanda che intriga.
Da dove nasce la poesia? Propriamente dalle pulsioni; di vita…e quella di morte. L’espressione del proprio
grido metapoetico si forma e si fonda in “arte visiva” (o teatrale) per raccontarsi e raccontare “fosfeni” di verità prearistotelica, posteoretica. Quella del fantasma”, inevitabile fin dagli albori che dà e forma i fondamenti alla poesia. La poesia, in fondo, è un “ritorno del rimosso” (sempre) autobiografico che sborda nel linguaggio, e che attraverso i significanti e gli archetipi, mette in scena la “castrazione” squisitamente relativa la mortalità de l’
amour baudelairiano. Per questo la lingua della poesia si fonda in linguaggio; linguaggio come possibile catalizzatore per la convenzionalità della lingua considerata universalmente tale. La castrazione della “logos” o
Parol (linguaggio, ma soprattutto
segno (evidenziata da De Saussure), diventa “odio”quando il balbettio del
parlante rinuncia alla possibile espressività
de l’
amour. L’odio, a pensarci, è di gran lunga il più durevole dei piaceri, e, ci serve anche per far nascere nuove idee…Approfondire, qui, il concetto, ci porterebbe lontano, perdendo di vista l’astrazione del discorso su cui mi appoggio. Così, l’odio diventa insostenibile nel “cordoglio” dedicato alle
ombre amiche,
amate, o, ai remoti deposti di un rimosso che ritorna sempre differente, plagiante e menzognero. Euforia o dolore? Il dolore è l’oscura sintassi di ciascuna scrittura. Ogni testo, sull’argomento, diventa racconto di amore e odio.
Acerbus codex, dove la scrittura fa da rimozione biografica: la lingua in linguaggio, adoperando significati volutamente crudi, o diversamente “morbidi” evidenziando una rimozione, per così dire, antibiotica che opera a raggiera secondo i generis o le “genesis” dell’oblio…Quando l’oblio diventa impossibile. Lo scarto di taluni significanti, impone, attraverso il sintomo, bruschi risvegli. Prima o poi ci si trova a fare i conti col “crepuscolo” o con “l’aurora” del pensiero: riflessione, e meditazione. Spesso desiderando qualcosa se ne scopre l’assoluta mancanza, una sottrazione avvenuta forse non in quanto reale, ma semplicemente perché l’oggetto non è mai padroneggiabile. L’oggetto passa attraverso un nome legato alla storia dei ricordi rimossi. Dove il desiderio incontra il dolore. Il dolore può essere la s-conclusione prolungata del trauma (anziché elaborazione del lutto), quindi non attribuibile alla menzogna in-conscia del racconto. Solo la poesia, con un gioco sottile, “può prescindere” dal dolore, dall’angoscia, dal rammarico e dal cordoglio che fa memento ai